Geronimo, l'ultimo dei lupi mannari.
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Geronimo, l'ultimo dei lupi mannari.
Geronimo, l'ultimo dei lupi mannari.
Sino a pochi decenni fa esistevano i lupi mannari ma ora sono scomparsi.
Si narra che questa malattia fosse causata dal morso dei cani randagi affetti da rabbia o più raramente dal morso di un lupo infetto.
Vero? Falso? Sappiamo che in medicina, questi casi confermano l’esistenza della licantropia come raro disturbo mentale unita ad una trasformazione somatica.
Negli anni 50 al mio paese ne esisteva uno ed era il terrore e l’argomento dei nostri discorsi d'infanzia.
Nei paesi tutti gli abitanti avevano un soprannome. Quello del nostro lupo mannaro era Geronimo come il valoroso capo Apache datogli per la sua notevole somiglianza. Capelli lunghi stretti da una striscia di tessuto sulla fronte, viso di mogano, scolpito da profondi solchi regalategli dal sole cocente durante le fatiche giornaliere. Non si sa bene se Geronimo fosse stato morso da un cane rabbioso o da un lupo, ma durante le notti di plenilunio diventava il terrore del paese. I peli lunghi e irsuti coprivano tutto il suo corpo mentre il viso assumeva lentamente le sembianze di un cane e le unghie diventavano lunghi scalpelli d’acciaio.
Geronimo andava così in giro di notte per le strade del paese a dare calci e a graffiare le porte emettendo ululati da brividi. Tutti rimanevano serrati in casa attendendo l’alba con ansietà. Evidentemente non amava fare strade in salita, e da me, che abitavo nella parte alta del paese, non arrivava mai.
Così mentre a scuola i miei compagni raccontavano terrorizzati, ma quasi con vanto, lo scampato pericolo come piccoli eroi, rifacendo il gli ululati e misurando con le mani i graffi che il lupo mannaro aveva lasciato sulle loro porte, io non avevo nulla da raccontare e la cosa mi dispiaceva un po'.
A lezione finita andavamo a vedere i solchi del lupo e le impronte dei calci che aveva lasciato sul legno delle porte. Eppure Geronimo era un uomo mite e tranquillo, aveva una moglie, Cata, alla quale voleva bene ed il bene era ricambiato.
Quando si accorse dei primi sintomi era solo in casa e la luna era piena . Sentì dei forti dolori allo stomaco e vide le sue braccia ricoprirsi lentamente di peluria. Capì che stava succedendo qualcosa d’insolito e decise di uscire di casa per non farsi vedere in quello stato dalla moglie al suo ritorno. Si rifugiò sui monti vicini passando la notte tra ululati e forti dolori. Ritornò a casa il giorno dopo, quando la normalità era ritornata in lui dicendo alla moglie che si era ubriacato insieme ai suoi compari in casa di Mastro Saro. Bevve tanto da non trovare la strada del ritorno. Dopo qualche giorno gli confessò quello che gli era realmente accaduto invitandola ad abbandonare la casa, trasferendosi da sua sorella. Cata, nel sentirlo parlare con i suoi modi così calmi, pieni di attenzione nei suoi confronti, non riusciva ad immaginare che Geronimo avrebbe potuto fargli del male e pensò che passata la notte del plenilunio sarebbe ritornato il suo affettuoso marito di sempre. Decise di restare. Stabilirono che durante il plenilunio lei sarebbe andata a casa di sua sorella.
Così successe per diversi cicli lunari. Una notte, la luna era più luminosa e grande come non si era mai vista e la peluria arrivò prima del solito, ancor prima che Cata si accingesse a lasciare la casa.
Rantolii animaleschi iniziarono a riempire la piccola casa. Dalla porta socchiusa della camera vide Geronimo contorcersi sul pavimento che iniziava ad assumere delle sembianze spaventose. Non lo aveva mai visto durante la sua metamorfosi e lanciando un urlo cercò di fuggire. Geronimo se ne accorse e gli corse dietro dopo aver afferrato sul tavolo un mannarino con il manico di legno e la lama d’acciaio che era servito per spezzare la carne di mezzogiorno. La inseguì correndo a quattro zampe sino a raggiungerla.
Cata si sentii afferrare per la vita e scaraventare a terra. Riuscì a vedere per la prima volta il viso di suo marito sopra di lei trasformato in lupo. Ingoiò l’urlo che stava per emettere e chiuse gli occhi mentre Geronimo sollevava il mannarino per colpirla. La lama scendeva lentamente e quando gli passò d’avanti agli occhi un luccichio lo distolse e vide riflessa la sua immagine. Quella notte la luna era lucente come il sole e la larga lama era diventata uno specchio. Guardò riflessa quella faccia da lupo e si bloccò.
Si rese conto che era la sua faccia, ma si rese anche conto di quello che stava per commettere. Cata era immobile piangente, rassegnata al suo destino. Lasciò cadere il mannarino e guardò sua moglie negli occhi. Lei sostenne lo sguardo, non ebbe paura di quella faccia spaventosa. Geronimo fissandola negli occhi riuscì ad intravedere, pur tra dolori indicibili, il profondo amore che Cata aveva per lui. Con un gemito animalesco, dando dei pugni a quella faccia da lupo emise dei versi tra il latrato e la parola quasi incomprensibili ma che sua moglie intese.
Gli chiedeva perdono per quello che stava per commettere perché non era sua la colpa e volse lo sguardo alla luna. Avvicinò il suo muso da lupo a sfiorare quello di lei ed alzandosi sulle quattro zampe si diresse di corsa verso le alte montagne di Varet.
Da quella notte di Geronimo non si seppe più nulla. Le notti di plenilunio continuarono ma nessuno sentì più gli ululati ed i calci contro le porte del paese. Solo Cata udiva in lontananza leggeri sibili portati dal vento come a ricordargli che il suo Geronimo non l’aveva mai dimenticata ed era fuggito per non farle del male, perché le voleva troppo bene.
Quanti lupi mannari vorremmo avere ai giorni nostri che guardando negli occhi la propria compagna, la propria moglie potessero vedere l’amore che Geronimo, pur con gli occhi insanguinati, vide negli occhi di sua moglie e lo fece desistere dal commettere un atto orribile.
Sino a pochi decenni fa esistevano i lupi mannari ma ora sono scomparsi.
Si narra che questa malattia fosse causata dal morso dei cani randagi affetti da rabbia o più raramente dal morso di un lupo infetto.
Vero? Falso? Sappiamo che in medicina, questi casi confermano l’esistenza della licantropia come raro disturbo mentale unita ad una trasformazione somatica.
Negli anni 50 al mio paese ne esisteva uno ed era il terrore e l’argomento dei nostri discorsi d'infanzia.
Nei paesi tutti gli abitanti avevano un soprannome. Quello del nostro lupo mannaro era Geronimo come il valoroso capo Apache datogli per la sua notevole somiglianza. Capelli lunghi stretti da una striscia di tessuto sulla fronte, viso di mogano, scolpito da profondi solchi regalategli dal sole cocente durante le fatiche giornaliere. Non si sa bene se Geronimo fosse stato morso da un cane rabbioso o da un lupo, ma durante le notti di plenilunio diventava il terrore del paese. I peli lunghi e irsuti coprivano tutto il suo corpo mentre il viso assumeva lentamente le sembianze di un cane e le unghie diventavano lunghi scalpelli d’acciaio.
Geronimo andava così in giro di notte per le strade del paese a dare calci e a graffiare le porte emettendo ululati da brividi. Tutti rimanevano serrati in casa attendendo l’alba con ansietà. Evidentemente non amava fare strade in salita, e da me, che abitavo nella parte alta del paese, non arrivava mai.
Così mentre a scuola i miei compagni raccontavano terrorizzati, ma quasi con vanto, lo scampato pericolo come piccoli eroi, rifacendo il gli ululati e misurando con le mani i graffi che il lupo mannaro aveva lasciato sulle loro porte, io non avevo nulla da raccontare e la cosa mi dispiaceva un po'.
A lezione finita andavamo a vedere i solchi del lupo e le impronte dei calci che aveva lasciato sul legno delle porte. Eppure Geronimo era un uomo mite e tranquillo, aveva una moglie, Cata, alla quale voleva bene ed il bene era ricambiato.
Quando si accorse dei primi sintomi era solo in casa e la luna era piena . Sentì dei forti dolori allo stomaco e vide le sue braccia ricoprirsi lentamente di peluria. Capì che stava succedendo qualcosa d’insolito e decise di uscire di casa per non farsi vedere in quello stato dalla moglie al suo ritorno. Si rifugiò sui monti vicini passando la notte tra ululati e forti dolori. Ritornò a casa il giorno dopo, quando la normalità era ritornata in lui dicendo alla moglie che si era ubriacato insieme ai suoi compari in casa di Mastro Saro. Bevve tanto da non trovare la strada del ritorno. Dopo qualche giorno gli confessò quello che gli era realmente accaduto invitandola ad abbandonare la casa, trasferendosi da sua sorella. Cata, nel sentirlo parlare con i suoi modi così calmi, pieni di attenzione nei suoi confronti, non riusciva ad immaginare che Geronimo avrebbe potuto fargli del male e pensò che passata la notte del plenilunio sarebbe ritornato il suo affettuoso marito di sempre. Decise di restare. Stabilirono che durante il plenilunio lei sarebbe andata a casa di sua sorella.
Così successe per diversi cicli lunari. Una notte, la luna era più luminosa e grande come non si era mai vista e la peluria arrivò prima del solito, ancor prima che Cata si accingesse a lasciare la casa.
Rantolii animaleschi iniziarono a riempire la piccola casa. Dalla porta socchiusa della camera vide Geronimo contorcersi sul pavimento che iniziava ad assumere delle sembianze spaventose. Non lo aveva mai visto durante la sua metamorfosi e lanciando un urlo cercò di fuggire. Geronimo se ne accorse e gli corse dietro dopo aver afferrato sul tavolo un mannarino con il manico di legno e la lama d’acciaio che era servito per spezzare la carne di mezzogiorno. La inseguì correndo a quattro zampe sino a raggiungerla.
Cata si sentii afferrare per la vita e scaraventare a terra. Riuscì a vedere per la prima volta il viso di suo marito sopra di lei trasformato in lupo. Ingoiò l’urlo che stava per emettere e chiuse gli occhi mentre Geronimo sollevava il mannarino per colpirla. La lama scendeva lentamente e quando gli passò d’avanti agli occhi un luccichio lo distolse e vide riflessa la sua immagine. Quella notte la luna era lucente come il sole e la larga lama era diventata uno specchio. Guardò riflessa quella faccia da lupo e si bloccò.
Si rese conto che era la sua faccia, ma si rese anche conto di quello che stava per commettere. Cata era immobile piangente, rassegnata al suo destino. Lasciò cadere il mannarino e guardò sua moglie negli occhi. Lei sostenne lo sguardo, non ebbe paura di quella faccia spaventosa. Geronimo fissandola negli occhi riuscì ad intravedere, pur tra dolori indicibili, il profondo amore che Cata aveva per lui. Con un gemito animalesco, dando dei pugni a quella faccia da lupo emise dei versi tra il latrato e la parola quasi incomprensibili ma che sua moglie intese.
Gli chiedeva perdono per quello che stava per commettere perché non era sua la colpa e volse lo sguardo alla luna. Avvicinò il suo muso da lupo a sfiorare quello di lei ed alzandosi sulle quattro zampe si diresse di corsa verso le alte montagne di Varet.
Da quella notte di Geronimo non si seppe più nulla. Le notti di plenilunio continuarono ma nessuno sentì più gli ululati ed i calci contro le porte del paese. Solo Cata udiva in lontananza leggeri sibili portati dal vento come a ricordargli che il suo Geronimo non l’aveva mai dimenticata ed era fuggito per non farle del male, perché le voleva troppo bene.
Quanti lupi mannari vorremmo avere ai giorni nostri che guardando negli occhi la propria compagna, la propria moglie potessero vedere l’amore che Geronimo, pur con gli occhi insanguinati, vide negli occhi di sua moglie e lo fece desistere dal commettere un atto orribile.
SasàM- Messages : 3
Lieu : ??
Langues : ??
MurielB aime ce message
Re: Geronimo, l'ultimo dei lupi mannari.
Grazie, Sasà, questa è una storia bellissima perché non è stato commesso l'irreparabile. L'amore tra Géronimo e Cata era sincero. Come ci dice Carl Gustave Jung, ogni essere umano ha un lato oscuro che dobbiamo saper integrare nella nostra coscienza al di là di tutti i pregiudizi morali e sociali che lo contaminano.
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MurielB- Admin
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