Bianco - Autore Franco Sicari
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Bianco - Autore Franco Sicari
Se fosse passato dal mio paese il carrozzone di Mangiafuoco certo non si sarebbe mai più allontanato perché il grande regista dell'umanità avrebbe finalmente trovato un posto che sarebbe stato alla pari con le sue rappresentazioni.
Anzi avrebbe manovrato gli abitanti del mio paese senza bisogno dei fili perché questi conoscevano il copione alla perfezione.
Il mio paese è stato sempre pieno di "balordi", filosofi macchiette, arrivisti, improvvisatori capaci con mille espedienti di tirare le giornate e di sopravvivere ai tempi poveri degli anni 50-60.
A Bianco c'erano tutti i prototipi dell'uomo e, in quel microcosmo, racchiuso in un km quadrato, si viveva la storia della vita e del mondo.
Nei bar si giocava a tutti i giochi delle carte ed a tutti i livelli, se è vero che c'erano campioni di scopone e di bridge.
C'erano pure quelli che giocavano a scacchi sotto la guida del grande maestro Paolo M. che è morto qualche anno fa e che ha lasciato il suo ricordo alle generazioni successive.
Frattanto, nei pomeriggi di marzo, che si stavano allungando, mio padre scendeva a piedi sul corso Umberto per recarsi al bar Cafari per fare la solita partita a carte fino alle 20,00.
Allo stesso orario Rino G., cugino di mia madre, lasciava la stazione per tornare a casa.
Dall'ultimo treno proveniente da Reggio Calabria non era sceso nessuno.
Il Faustino aveva già cenato: ditaloni con ceci e pomodoro e si apprestava ad uscire con la sua inseparabile bicicletta, per andare al bar centrale.
Sarebbe tornato alle 23, fischiando la canzone vincitrice di San Remo "Nel blu dipinto di blu".
Il Ciorla già dormiva come pure mio padre che russava paurosamente spostando l'aria e facendo oscillare il lampadario.
Nella biglietteria della stazione ferroviaria, il turno di notte era già iniziato.
Si doveva aspettare il passaggio del rapido Reggio-Bari e poi finalmente si sarebbero tirate fuori le carte da gioco.
Il manovale Condello aveva indossato un giubbino leggero ed aveva già in mano un mazzo di carte napoletane.
Il capostazione Misitano fumava la 37a Marlboro morbida della giornata.
Avrebbe sicuramente aperto il 3° pacchetto verso le 5 del mattino.
L’aria che veniva dal mare Jonio era tiepida e la salsedine si masticava e lasciava dentro la bocca il sapore del sale.
Un fischio che aumentava con effetto doppler, annunciava il passaggio del rapido Reggio Calabria-Bari , che non si è fermato mai al mio paese e che annunciava una notte silenziosa, immobile come un quadro!
Poi solo la morte circolava nei vichi vicino casa di mia madre! Cercava qualcuno per sorprenderlo!
Il Peppe della Rosa aveva bevuto almeno 3 litri di vino e misurava la strada urtando i platani della statale 106!
Dopo l’urto, si fermava ed intavolava un dialogo con l’albero! Un dialogo animato, difficile da comprendere perché il Peppe, oltre che ubriacone, era anche filosofo!
Si domandava e metteva in dubbio se l’anima fosse immortale e sopravvivesse, come diceva Socrate, dopo la morte.
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